giovedì 27 marzo 2008

Insegui il tuo sogno senza tradire mai te stesso

Ecco il mio video pubblicato su second life

A proposito di anniversari

Di Francesca De Carolis

“Shock and awe”. Colpisci e terrorizza. ‘Titolava’ così l’operazione iniziata a Bagdad la notte fra il 19 e il 20 marzo del 2003. Per portare la democrazia. Democrazia a grappoli. Come le più micidiali fra le bombe. Se pure ha un senso stabilire una gerarchia della morte. Colpisci e terrorizza. Dando il via ad un altro capitolo della storia della distruzione. Che da quando la meccanica ci ha permesso di volare, e abbiamo cominciato anche a volare come falchi su cieli dichiarati nemici, si è arricchita di una nuova perversione. Lo squilibrato rapporto di forza fra chi è sopra e chi è sotto. Sopra, e sotto le bombe. Civili, soprattutto sempre, anche se sempre un po’ più tardi ci accorgiamo che le bombe non sono mai intelligenti. O lo sono fin troppo, perché fin troppo bene colpiscono e terrorizzano. Ma ci sono cose che non possiamo fingere di non sapere. Quando invochiamo guerre giuste e pulite.

Bombardare. Sembra quasi una parola pulita, quattro sillabe senza traccia di sangue… ma, su tutto iperinformati, non possiamo ignorare cosa significhi realmente morire sotto un bombardamento. Tecnicamente, intendo. Cosa sia bruciare o ’sciogliersi’ alle alte temperature di un bunker, asfissiare in fondo a una cantina, soffocare nel fuoco che risucchia l’aria dai polmoni. Invito a leggere i testi delle lezioni tenute nel 1997 a Zurigo da W.G.Sebald, sulle bombe che piovvero sulle città tedesche nella seconda guerra mondiale. 1943 e dintorni. Sono parte di un volume: Storia naturale della distruzione, edito da Adelphi. Dovrebbe essere adottato nelle scuole. Sebald ci porta nell’epicentro della distruzione. Con precise testimonianze. Implacabile. Da gigante della letteratura qual è. Immagini a cui ripensare, ogni volta che sentiamo parlare di bombe che cadono. Su chiunque. Un solo episodio, dell’estate del 1943. 65 anni fa. La notte dell’attacco ad Amburgo. Un gruppo di sfollati che cercano di prendere d’assalto un treno. Una valigia di cartone cade. “… si rompe e ne esce fuori il contenuto. Giocattoli, un necessaire per il cucito, biancheria bruciacchiata. Per finire, il cadavere di un bambino carbonizzato, ridotto a una mummia, che una donna ormai al limite della follia si trascina appresso come vestigio di un passato solo pochi giorni prima ancora intatto” (p.39). Colpisci e terrorizza, appunto.

“Carneficina e disperazione”, titola oggi, cinque anni dopo l’attacco all’Iraq guidato dagli Stati Uniti, il rapporto di Amnesty International. Che ricorda che “se l’amministrazione di Saddam Hussein fu proverbiale per le violazioni dei diritti umani, la sua destituzione non ha portato alcun sollievo alla popolazione irachena”. Resoconti parlano di 150, 180mila morti. Ma nessuno, ricorda Amnesty, è in grado di stabilire quante persone siano state uccise dal giorno dell’invasione.

fonte L'altrariva

venerdì 15 febbraio 2008

La solitudine della ragione. Nessuna verità

Non c'è alcuna verità nelle parole di chi hai davanti....la loro bocca parla...si apre...si chiude....balbetta. Ma non dice la verità. Dice soltanto mezze frasi riportate a fior di labbra senza nessuna cura...abbandonate nel profondo di una mente vuota. Come loro. Sono vuoti. E io sono stanca delle parole, stanca di spezzarmi l'anima dietro a giochi di cui non conosco il nome. E me ne occuperò sempre meno. Lascerò che le loro invidie si inseguano nei labirinti della loro mente nuda di ragione e di senso e si perdano dei meandri della logica della frustrazione e del diniego di se stessi. Sono miseri, piccoli e vuoti

Aborto: la pacata violenza di Ferrara

di Francesca de Carolis

Solo una breve riflessione. A proposito di toni e di parole. Di garbi formali e di sostanziali violenze. Ascoltando l’intervento di Giuliano Ferrara in apertura della puntata dell’Infedele di mercoledì 13 febbraio. A proposito del suo manifesto ‘pro-life’ con il quale mette l’aborto fra i temi della campagna elettorale.

Un tono molto pacato quello di Ferrara. Introduce, spiega, argomenta, con voce piana e calma, inanella frasi e parole modulando con garbo, sembra, finanche i respiri. Senza mai uscire dai binari di una condotta di gentilezza estrema. Anche quando gli tocca, come è normale che accada, di dover sovrastare il tentativo di qualcuno degli ospiti di intervenire. Tono pacato, certo, se per pacatezza si intende che l’accoratezza non si è trasformata in fervore, che poi non è trasceso in urla, crocefissi branditi, o intemperanze del genere…

Eppure. La pacatezza a volte sa essere agghiacciante. Se è linguaggio formale che riveste una sostanziale violenza.

E accanto alla violenza di irrompere nella campagna elettorale con una questione così dolorosa e delicata, ho avvertito, nelle parole di Ferrara, i termini di un infierire privato, per il mio sentire inaccettabile.

Come era ovvio, il discorso è andato allo sciagurato episodio del blitz nell’ospedale Federico II di Napoli. Ho trovato di grande violenza il sentire descrivere con lucida dolcezza ‘il bambino che quel feto sarebbe stato’. Come questo non fosse già il pensiero dolente di una donna che si trova di fronte alla terribile scelta di abortire. Che è pensiero e dolore intimo, che non andrebbe straziato da altri davanti a una telecamera. Con l’aggravante, nel caso, che si parlava di una persona precisa, del destino particolare del suo bambino che non è stato.

Ancora. Quante volte è stato pronunciato il nome della donna. Dieci, venti, non so… forse solo cinque volte… Era comunque un nome proprio di persona, che è rimbalzato per tutto il tempo di quell’interminabile intervento. Ma come usiamo le parole e i nomi? Come e quando siamo autorizzati a chiamare qualcun altro, che non si conosce e con cui non si abbia alcuna confidenza, con il nome di battesimo, come si farebbe con una cara amica, ad esempio… Non ho potuto fare a meno di chiedermi, se era davanti al televisore, cosa avrà provato quella donna, a sentirsi chiamare con tanta ostinata pacatezza, mentre di fatto veniva trasformata in emblema di ‘ciò che non si deve fare’.

Ho pensato alla violenza inaudita di sentire il proprio nome, pronunciato ripetutamente, ripetutamente, fin quasi a denudare la persona... L’ho sentita, su di me come su ogni persona, la violenza di una confidenza non voluta, ogni volta come una coltellata…

Davvero strideva, nella gelida pacatezza del discorso pronunciato, la parola ‘amore’, pure tante volte ripetuta.

Ma come usiamo i nomi e le parole... Non c’entra davvero nulla con questa storia, ma mi stavo al contrario giusto interrogando su un nome ‘non pronunciato’, appena un’ora prima in un’altra testata giornalistica, e c’entra forse molto con ‘accortezze’ che invece a volte ci vengono d’istinto.

Ascoltando il Tg1 delle 20,00, sempre il 13 febbraio. I titoli annunciano, fra l’altro, l’arresto di un ex assessore regionale calabrese. Questione di intrecci fra mafia e politica. Mi chiedo a che partito appartenga l’assessore, e aspetto l’annuncio del servizio. Aspetto il servizio. Ma nulla. Per conoscere quella sigla ( per la cronaca Udeur) devo andare a frugare su internet. Tutt’altra storia, certo, tutt’altro interesse, certo. A chi mai sarebbe interessato conoscere quel nome? Perché mai pronunciarlo? In fondo, solo una sigla. E poi, siamo in campagna elettorale…

Fonte: Articolo 21

domenica 1 luglio 2007

Le MORTI BIANCHE

Sono storie quotidiane, spesso invisibili. Clandestini, immigrati, bambini sfruttati, nostri concittadini. Sono diventati protagonisti, sotto la luce dei riflettori, di una telecamera che cerca di catturare uno scorcio di vita vissuta, piena di disagi, di sofferenza. I cortometraggi realizzati da venti giovani registi, finalisti del concorso “Cortosicuro” parlano di sicurezza sul lavoro e sono rivolti ai ragazzi della loro età. Racconta di immigrati il corto che ha vinto il primo premio; e un po’ come loro si sente la regista Raffaella Fontò, partita dalla Puglia verso la capitale, con in spalla il suo sogno. “Il titolo del mio corto, Kalel, riprende il nome di Superman. Per me i migranti sono come lui, dei supereroi che vivono al margine”, confida la regista.
Quasi un milione di incidenti sul lavoro in Italia, quattro morti al giorno. Ieri il Senato ha dato il via libera al disegno di legge che mette insieme, in un testo unico, tutte le norme in materia di sicurezza sul lavoro che saranno estese anche ai lavoratori autonomi e subordinati. Un’altra novità importante riguarda i costi relativi alla sicurezza sul lavoro che dovranno essere indicati nei contratti di appalto e subappalto per i lavori pubblici.